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Record trovati: 34
Musica : Incontro a sei corde
Il 17 luglio prende il via la quarta edizione di Claxica, una non stop dedicata alla chitarra classica, con un respiro internazionale e interculturale. La cornice un piccolo paese dell’Appennino bolognese in cui per cinque giorni risuoneranno note da tutto il mondo
Fascicolo: 
giugno-luglio 2012
Tag: 
Musica di strada per cambiare il mondo

Camminando per Santa Monica la voce di un artista di strada sembrava, con la sua passione, con la sua anima, risuonare al di là di qualunque confine. Le note di una canzone, Stand by me, sembravano capaci perfino di cambiare il mondo. Playing for change nacque così, con l’idea di girare i continenti per registrare quelle note di cambiamento, un progetto che ora riunisce artisti dall’Europa, America e Africa in una sola armonia. Da un piccolo gruppo di singoli individui ad un movimento globale per la pace che dal 2007 diventa una fondazione, per la creazione e lo sviluppo dell’educazione musicale nelle comunità incontrate durante il viaggio.

Tag: 
Musica : La colonna sonora della primavera
Nei Paesi arabi e in Israele alcune popstar sono scese in piazza per protestare contro le politiche governative. I loro testi di denuncia sono diventati inni alla democrazia e alla giustizia sociale, al di là di ogni divisione religiosa e politica
Fascicolo: 
febbraio 2012
Tag: 
Daniel Barenboim: quelle note che uniscono arabi e israeliani
Daniel Baremboim è il nuovo direttore musicale del Teatro alla Scala di Milano. In un'intervista pubblicata nel numero di ottobre di Popoli, il maestro parla della sua esperienza con la West-Eastern Divan Orchestra, che riunisce musicisti ebrei e musulmani.

Data: 
14 ottobre 2011
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Deserto e ribellione nel blues dei tuareg
Popolo diviso tra più Paesi, quello degli «uomini blu» esprime (anche) attraverso la musica il proprio desiderio di libertà e di indipendenza. Di seguito l'articolo pubblicato sul numero di aprile 2010 di Popoli.

C’è stato un tempo in cui imbracciavano contemporaneamente il kalashnikov e la chitarra elettrica. Sono il gruppo tuareg Tinariwen, fondato da Ibrahim Ag Alhabib, nomade del Mali, cresciuto negli anni Settanta nei campi profughi di Tamanrasset (Algeria) e formatosi in seguito nelle milizie di Gheddafi. Il colonnello libico si proponeva allora di creare un esercito del Sahara composto dai migliori giovani tuareg e, attraverso la musica e la composizione di motivi ispirati alla ribellione e all’indipendenza del popolo del deserto, volle montare, insieme ad Alhabib e soci, una macchina di propaganda che viaggiasse di campo in campo e di comunità in comunità mediante cassette registrate.
Insofferenti a questa strumentalizzazione della causa tuareg, Alhabib e i suoi compagni decisero di diventare musicisti a tempo pieno e, alla fine degli anni Ottanta, alcuni di loro lasciarono la Libia alla volta del natio Mali. Inizialmente noti solo nella comunità nomade sahariana, a partire dal 1996 i Tinariwen (che in lingua tamashek significa «deserti» ed è il plurale di ténéré) iniziarono a farsi notare anche fuori dal continente africano. La loro è una musica che si può, a buon diritto, definire di «resistenza». La resistenza di un popolo senza confini e nazionalità, che veicola un messaggio di libertà e indipendenza. Influenzato dal rock occidentale, così come dalle sonorità popolari del Maghreb, Ibrahim Ag Alhabib si è avvicinato alla musica proprio attraverso la chitarra, facendone uno strumento dal suono peculiare, la vera cifra stilistica del suo gruppo.
Gli aspetti certamente più originali dei Tinariwen sono comunque la personalità carismatica di Ibrahim e l’assouf, lo stile musicale tuareg fatto di chitarra blues, basso, percussioni e vocalizzi tradizionali (nella formazione c’è anche una donna, Mina Walet Oumar, la voce del gruppo). I Tinariwen sono ormai star internazionali: si sono esibiti in tutti i continenti, hanno realizzato dischi, partecipato a festival e vinto premi prestigiosi. Sono anche diventati soggetti di documentari e servizi televisivi. Il loro ultimo lavoro, osannato dalla critica europea, è Imidiwan («I compagni»), uscito nel 2009, di cui il brano Lulla rappresenta le vibrazioni sonore prodotte da questi bluesmen del deserto.
Maestri nel loro genere, i Tinariwen mettono un po’ nell’ombra gli altri gruppi tuareg, meno noti e, probabilmente, anche meno innovativi. Tra questi, i Tartit, una band tradizionale composta da cinque donne e quattro uomini appartenenti a Kel Antessar, una delle tre confederazioni in cui sono organizzati tradizionalmente i tuareg. I Tartit, che sono nati nel 1995 in un campo profughi del Burkina Faso, cantano l’amore e la pace, ma anche la guerra e l’esilio, principalmente avvalendosi di voce e percussioni. Il loro ultimo cd è Abacabok, inciso nel 2006.
È impegnato politicamente nella rivendicazione dell’identità tuareg anche Abdallah Oumbadougou, originario del Niger. Virtuoso della chitarra ed esiliato all’estero come Alhabib, Oumbadougou suona con il gruppo Takrist N’Akal. Uno dei loro lavori più significativi è Desert rebel del 2007, a cui è abbinato un dvd sulla vita dei nomadi del deserto.
E, infine, ci sono gli Oyiwane, nigerini di Agadez, un gruppo che miscela percussioni, voci femminili e chitarra elettrica. Il loro ultimo lavoro è Sahara, album uscito nel 2005 per la casa discografica francese Harmonia Mundi.
Alessandra Abbona
Data: 
23 settembre 2011
Tag: 
Una rivolta Web a ritmo di rap
Data: 
13 gennaio 2011
Tag: 
Note di sintesi
Dapprima Matteo Ricci, poi, con maggiore efficacia, il gesuita francese Joseph Amiot, intuirono che anche la musica poteva e doveva essere un terreno di incontro tra Cina e Occidente, tra spiritualità orientale e cristianesimo. Un percorso musicale ricostruito in un concerto in programma a Macerata
Fascicolo: 
novembre 2010
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Se pop fa rima con Corano
La sua biografia è un concentrato di culture, influenze, mondi diversi. Si spiega anche così il successo senza frontiere della sua musica. Ritratto di Sami Yusuf, fede islamica e radici a Londra, alla vigilia dell'uscita del nuovo album
Fascicolo: 
novembre 2010
Tag: 
Sami Yusuf, se pop fa rima con Corano
Il 29 ottobre esce il nuovo album di Sami Yusuf. Musulmano con radici a Londra, la sua biografia è un concentrato di culture e influenze diverse. Si spiega anche così il successo senza frontiere di quella che per Time è «la più grande rock star islamica».

Data: 
28 ottobre 2010
Tag: 
Sami Yusuf, se pop fa rima con Corano

La clip di Hasbi Rabbi, uno dei maggiori successi di Sami Yusuf, «profeta» di una musica che è ponte di incontro tra islam e occidente: il 29 ottobre esce il suo nuovo album.

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