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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
La Chiesa del Calvario

Sul sito del settimanale Tempi, l’8 giugno 2013 il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ha per così dire espresso il sentimento della maggioranza dei cristiani della Siria e di tutto il Medio Oriente: essere «Chiesa del Calvario». Le Primavere arabe non sarebbero in definitiva che una nuova tappa del malessere dei cristiani orientali di fronte al montare dell’islamismo politico, sotto la maschera delle rivendicazioni democratiche. Nel caso della Siria, pur riconoscendo il bisogno di riforme, il Patriarca dichiara che non si può «distruggere un Paese intero perché qualcuno vuole il cambiamento». Ritiene che sia meglio vivere con un dittatore che provocare 80mila morti e un milione e mezzo di rifugiati. «Non si possono accettare 80mila morti e milioni di rifugiati per il gusto di cambiare». E aggiunge che, se i cristiani e i patriarchi potessero ottenere vantaggi con la rivoluzione, darebbero la loro benedizione: «Non sappiamo dove stiamo andando. Come potrei oggi benedire tanti massacri e tante morti?».
È interessante notare come egli tralasci di ricordare che morti e rifugiati sono soprattutto le vittime della repressione dello Stato contro una rivoluzione nata democratica e che vorrebbe rimanere tale il più possibile. Di colpo le vittime diventano il boia! Ci sono cristiani siriani che hanno a lungo sofferto per il regime, sono stati imprigionati e torturati, che hanno preso la via dell’esilio… Costoro sono solidali con gli altri siriani democratici della rivoluzione in corso.
Ma è possibile che la rivoluzione sia perduta! L’assenza di solidarietà occidentale, oltre che da parte di altre potenze come l’India e il Brasile, aggiunta alle contraddizioni del movimento stesso; l’aiuto diretto economico e militare fornito dalla Russia e dall’Iran; l’invasione delle migliori truppe libanesi all’interno del territorio siriano; la presenza di gruppi radicali islamici e clandestini sul terreno; l’illimitata volontà repressiva del regime e dei suoi clan associati; la manipolazione assai efficace dell’informazione internazionale, con l’aiuto molto attivo di uomini e donne di Chiesa; l’interesse geostrategico di Israele e Occidente per una guerra civile tra musulmani, secondo l’opinione esplicita dei teorici conservatori… Tutto questo potrebbe effettivamente produrre una tragedia completa: 500mila morti, cinque milioni di rifugiati all’estero e una Siria ridotta a un cratere.
Certo, se l’avessimo saputo prima, avremmo forse lasciato il Paese senza batterci. Ma i nostri giovani hanno pensato diversamente.
Che cosa resta della speranza cristiana? La speranza è dell’ordine del combattimento, non delle previsioni!
Hanno deriso Gesù sul Calvario. Troppi oggi scherniscono i rivoluzionari siriani, soprattutto questi poveri imbecilli democratici… ma l’ultima parola non è detta!

© FCSF – Popoli, 4 luglio 2013